Una delle fasi maggiormente rappresentata è quella preistorica con testimonianze ascrivibili alla facies di Castelluccio dell’Antica Età del Bronzo (2200-1600 a.C.), che fu presente in un vasto territorio che comprende circa i 2/3 della Sicilia. Gli insediamenti di questa fase si distribuiscono in maniera omogenea e capillare, privilegiando sia le zone pianeggianti che quelle d’altura., di natura gessoso-calcarenitica, dove la malleabilità della roccia ha spesso favorito l’impianto di necropoli, che oggi risultano già da tempo violate, costituite da tombe del tipo a “grotticella”. In questa fase il modello di insediamento è caratterizzato da villaggi sparsi, a breve distanza l’uno dall’altro, talvolta vicini a fonti di approvvigionamento idrico rappresentate da sorgenti o abbeveratoi o in prossimità di assi viari “naturali”. Alla base dell’economia di questi gruppi umani c’era lo sfruttamento intensivo del territorio a fini prevalentemente agricoli, accompagnato da varie attività collaterali quali l’artigianato, la caccia e l’allevamento. In un solo caso sono stati rinvenuti materiali attribuibili all’Età del Ferro (tra il X ed il VII secolo a.C.) con il rinvenimento di frammenti ceramici d’impasto del tipo cossi detti a “biscotto”.
Il vicino centro di Monte Saraceno di Ravanusa, attivo già a partire dal VII sec. a.C., con la sua fase di massimo splendore tra la metà del VI e la metà del V sec. a.C., in concomitanza con l’espansione geloa lungo la costa e verso la bassa Valle dell’Imera meridionale, ha sicuramente condizionato, in Età Arcaica e Classica, la distribuzione del popolamento nel territorio campobellese. La maggior parte di rinvenimenti ascrivibili a tale periodo sono stati rinvenuti prevalentemente nel territorio a Sud-Ovest ed a Sud-Est di Campobello. Nella maggior parte dei casi, gli insediamenti sono stati individuati sulla sommità di emergenze calcarenitiche, in posizione dominante rispetto ai terreni circostanti, in modo da garantire un ampio controllo del territorio e delle sue risorse. Questi rinvenimenti interpretati, in base al materiale trovato, come fattorie o case rurali, hanno restituito numerosi frammenti di tegole piane a listello del tipo Wilson, databili a partire dal VI secolo a.C., accompagnati da grossi frammenti di pithoi, oltre a frammenti di anfore “corinzie A”, “corinzie B” e quelle del tipo “ad echino”, che consentono di fissare una frequentazione dei siti in un arco cronologico compreso tra il V e gli inizi del IV sec. a.C. La presenza di numerosi frammenti di ceramica a vernice nera, di probabile importazione attica, rappresentata dalle forme ricorrenti degli skyphoi e delle coppe, denota più che probabili contatti con le colonie greche della costa.
In questa fase rimangono attivi alcuni insediamenti riferibili al periodo classico, denotando alcuni un diffuso popolamento per l’Età Ellenistica, interpretabile come una diretta conseguenza delle distruzioni di varie città della costa ad opera dei Cartaginesi, tra le quali figurano anche quelle di Gela e di Agrigento avvenute sul finire del V sec. a.C.. Altri invece sembrano restituire attestazioni a partire dalla metà del IV sec. a.C.. Tali insediamenti mantengono il carattere spiccatamente agricolo, sfruttando la possibilità di usufruire di terreni complessivamente fertili e di numerose sorgenti naturali d’acqua. Tra i materiale si segnalano: frammenti di pithoi e di anfore del tipo greco-italico attribuibili ad un arco cronologico compreso tra il IV ed il II sec. a.C.; ceramica a vernice nera, nelle forme degli skyphoi e delle coppette ad orlo rientrante, tipologie diffusissime in Sicilia tra il IV ed il III sec. a.C., imitanti forme di produzione campana. A partire dell’età ellenistico-repubblicana compare, inoltre, la tipologia dei coppi a bordo inspessito del tipo Wilson B che continuerà ad essere in uso sino alla tarda Età Imperiale.
La densità di siti attribuibili al periodo ellenistico nel territorio campobellese, comune a molte zone dell’isola, può essere messo in rapporto al quadro di generale rifioritura della Sicilia greca sotto Timoleonte che investì certamente anche il vicino centro di Monte Saraceno che a partire dalla fine del IV sec. a.C. inizia un lento declino, a cui si accompagna il rinnovarsi del popolamento sparso nelle campagne
Un dato significativo acquisito durante le ricerche è che quasi tutti gli insediamenti occupati in Età Ellenistica e Romana repubblicana continuano a vivere anche nel periodo Romano Imperiale. Nel territorio indagato è stata individuata la fioritura di insediamenti di notevole dimensioni (1,5 / 2 ha), ubicati in luoghi particolarmente favorevoli per l’insediamento, in corrispondenza di sorgenti e corsi d’acqua o dei principali assi viari. In alcuni di questi insediamenti il rinvenimento di coppi con decorazione a pettine inciso del tipo Wilson C, in uso in Sicilia a partire della seconda metà del V sec. d.C., attesta che la vita si è protratta ininterrottamente sino all’Età Bizantina. Tra i materiali più frequentemente rinvenuti si segnala: ceramica fine da mensa in terra sigillata italica ed africana A, C e D, accompagnate da un discreto numero di anfore di importazione africana; ceramica da cucina nelle forme del piatto-coperchio ad orlo annerito e delle casseruole a patina cenerognola, databili tra il II ed il V sec. d.C.; ceramica comune costituita in prevalenza da scodellini ad orlo estroflesso, mentre al ceramica da fuoco è rappresentata dalla produzione di Pantelleria; frammenti di lucerne con decorazione sulla spalla e di macine in pietra lavica, queste ultime indizio del carattere rurale di questi insediamenti interpretabili come grandi fattorie o complessi rurali, secondo un modello insediamentale ampiamente rappresentato nella Sicilia dell’Età Imperiale, che si avvia a diventare il granaio di Roma.
Nell’ambito del territorio indagato la fase medievale è attestata da pochi, ma talvolta consistenti siti, alcuni dei quali pur presentando preesistenze di epoca preistorica e classica, sembrano vivere la fase di maggiore sviluppo durante l’epoca Medievale, tra il X ed il XIII sec. d.C., quando vengono rioccupati alcuni pianori sommitali. I materiali più frequentemente rinvenuti sono: tegole con impronte di paglia (malta celamidarum), frammenti di orli e pareti costolate di anfore, talvolta recanti pennellate in bruno su schiarimento superficiale; ceramiche invetriate con decorazione in bruno, giallo e verde nelle forme dei catini a vasca carenata tipici della fase islamica; frammenti di invetriata solcata in verde ramina accompagnati da materiali di invetriata verde con decorazione in bruno o monocroma; ceramica da fuoco dall’impasto piuttosto grossolano.