Ritornata oggetto di interesse nel corso delle attività di ricerca territoriale avviate dal Progetto KALAT nell’area dei Runzi nel 1997, la Chiesa medievale di S.Ippolito sul Monte Erice rappresenta ancor oggi "l’esempio meglio conservato (seppur oggi nuovamente a rischio di crollo) tra una serie di piccole e prestigiose chiesette disseminate nella provincia di Trapani, spesso legate a culti benedettini o basiliani nati in Sicilia in età altomedievale e sviluppatisi dopo il periodo arabo con la rifioritura del culto cristiano avviato dai normanni" (V.Scuderi). La chiesa conserva numerosi elementi di vari periodi storici a partire dalla sottostante grotta eremitica, forse già paleocristiana o bizantina, con una struttura perimetrale forse normanna o trecentesca e preziosi cicli di affreschi sulle pareti. Inoltre così come rilevato con le indagini del Progetto KALAT del 1997, e la successiva pubblicazione della Carta dei sentieri del Monte Erice del 1998, si trova al centro di una vasta rete dei sentieri storici che per millenni hanno collegato la città di Erice ai siti a valle.
Dopo tredici anni dall'ultimo intervento di recupero della Chiesetta medievale di S.Ippolito, realizzato da questo ente, la chiesa rischia nuovamente di crollare:
Tutti gli elementi qui segnalati pertanto rivelano la ripresa dei fenomeni di degrado e il concreto rischio di crollo dell'abside e del muro settentrionale della preziosa chiesetta, per cui occorre immediatamente intervenire.
La Chiesetta medievale di S.Ippolito, si trova sul fianco orientale del monte Erice a circa 400 m.s.l.m. lungo la strada provinciale che da Valderice porta ad Erice, a meno di un chilometro dal centro sulla vetta. Domina l’intero agro ericino da Bonagia fino al Monte Inici, con una superba visione dell'area dei Runzi e del versante orientale di Erice con il Castello, le torri del Balio, S. Giovanni e il Quartiere Spagnolo.La chiesa, oggi di proprietà pubblica e affidata al Comune di Erice, venne acquistata con circa 10.000 mq di terreno intorno dalla Presidente della Provincia, Giulia Adamo, su proposta del Dott. Giovanni Catania e dell'Arch. Vultaggio dalla Famiglia Barresi, che alla fine degli anni ’50 - su indicazione del Prof. V.Scuderi - la comprò da un pastore che la adibiva a ricovero di armenti. La struttura è oggi tutelata da vincoli monumentale, boschivo, paesaggistico ed idrogeologico. Sulla stuttura, che insiste su uno degli snodi principali della Sentieristica storica ericina, esiste uno studio di fattibilità che ne prevedeva la destinazione a “Spazio Espositivo Didattico-Museale sulla sentieristica storica di Monte S.Giuliano”.
La chiesa di S.Ippolito insiste nell'area dei Runzi (rovi), una delle aree paesaggistiche più belle di Erice. Fino a pochi anni fa al margine del rimboschimento forestale e nascosta da una fitta alberatura, dopo i devastanti incendi degli scorsi anni da essa si osservano il Castello, S.Giovanni, il quartiere spagnolo, mentre la vista spazia sul golfo di Cofano e sull'intero agroericino. Più meno alla stessa quota sorgono altre due chiese rurali: quella prospiciente, più grande e ormai pressoché completamente diruta di S.Maria Maddalena a Sud Est, ai cui bordi le ricerche del Kalat hanno rivelato il raro abitato altomedievale di S.Maria Maddalena con i suoi terrazzamenti degradanti e S.Maria maggiore a Nord. La chiesa infine si trovava circa a metà strada della Scala Soprana, intercettava i percorsi delle due "scale" ericine quella Soprana e quella Sottana incrornando
L'identificazione della chiesa con S. Ippolito é certa per le notizie derivate dagli storici ericini, per l’iscrizione posta nel blocco dell'architrave dell'ingresso (oggi mancante) oltre che per le precise indicazioni toponomastiche che citano i passi "Superiore" e "Inferiore" di S. Ippolito lungo l'antica strada di S. Marco, la principale via d'accesso a Erice sul versante orientale. Sebbene si ritenga che la chiesa sia stata dedicata al S.Ippolito, soldato romano della prima cristianità (III sec. d.C) convertito e martire, dilaniato dai cavalli nel circo, celebrato il 13 Agosto, esistono numerose figura di Sant'Ippolito, giacché lo stesso è un santo tra i più controversi dell’agiografia. Si appellano pure con tale nome infatti un vescovo di Porto gettato con mani e piedi legati in una profonda fossa piena di acqua, che ricevette la palma del martirio (22 Agosto); un martire con i suoi compagni celebrato il 2 Dicembre; un vescovo orientale, scrittore e martire ed uno scrittore scismatico di Roma autore di saggi filosofici, da identificarsi con l'antipapa contrapposto a Callisto e a Ponziano, la cui traslazione sulla via Tiburtina a Roma il 13 agosto è attestata dalla 'Depositio Martyrum' del 354.
Secondo le tradizioni storiografiche ericine riportate dal Carvini, i Normanni nel territorio di Erice avrebbero fondato tre chiese: S. Giuliano sulla vetta (in ocra), S. Ippolito sulle pendici della montagna (in blu), S. Michele a Bonagia sulla costa (in verde). Sempre attribuita all'età normanna è la leggenda che vuole Sant'Ippolito, analogamente a S.Giuliano ( a cui nel medioevo è dedicato l'intero monte e città di Erice) apparire nel corso di una battaglia e mettere in fuga gli arabi, nemici della cristinità. Sebbene nel corso delle attività di scavo, condotte da Emanuele Canzoneri, non si sia rivenuto nulla di così antico, se non alcuni frammenti ceramici trecenteschi, la chiesetta comunque presenta numerose analogie con piccole chiesette disseminate nella provincia di Trapani, come S.Maria Maddalena, S.Matteo, S.Antonio a Erice, S. Barnaba a Valderice, SS.Filippo e Giacomo a Marsala, S. Simone a Marettimo, legate a culti benedettini o basiliani sviluppatisi dopo il periodo arabo con la rifioritura del culto cristiano (V.Scuderi).
Essendo molto carenti le fonti storiche è l'analisi stratigrafica effettuata dall'Arch. G.Vultaggio che ha permesso però di comprendere meglio le dinamiche evolutive del complesso, in cui si individuino 4 corpi fabbrica: la grotta (1), la chiesa (2), i locali di sud (3) ed est (4) ed in cui la struttura più antica del complesso sembrerebbe essere la grotta (1) a cui dovette seguire la realizzazione del nucleo centrale della chiesa (2), rimaneggiato almeno altre 2 volte ne corso dei secoli e gli ambienti meridionali (3) e orientali (4) che alla chiesa si appoggiano.
Nel complesso è oggi inglobata una piccola grotta, il cui ingresso è segnalato da un arco a pieno centro in conci di tufo stuccati, con una ghiera modanata e una nicchia votiva nella lunetta. La grotta in realtà sembrerebbe con ogni probabilità preesistente al complesso, vista la profonda erosione dell'ingresso che non risulta compatibile con l'attuale copertura. Con ogni probabilità, si tratta infatti di una grotta eremitica, venerata nei secoli, posta presso uno dei principali incrocio della viabilità storica e probabilmente da identificarsi con l’Oratorio di S.Gregorio di cui parla il Carvini. Anche la grotta, infatti è stata oggetto, nei secoli, di numerosi interventi: all’interno una nicchia è rivolta indicazione sud est (si tratta di un mirab arabo?), vi si rinvengono ancora tracce di due strati di affreschi che ne rivelano il ricco valore sacrale, mentre nel corso del 1600, vista l'iscrizione di una data (1631) nella malta, vennero realizzati, o recuperati, gli archi interni.
La chiesa odierna è il risultato di una numerosa serie di interventi, tanto che della struttura originaria probabilmente si conserva il solo perimetro murario esterno comprensivo dell’abside. Un’ apertura sul lato N, oggi tompagnata, doveva far parte della struttura originaria, mentre è certo successiva l’apertura del lato meridionale, che ha tagliato la figura di un santo dipinta sulla parete. Si nota inoltre che l’ingresso alla chiesa sia stato nei secoli invertito, passando dall’originario asse di culto verso Est, ad un successivo asse verso Ovest: infatti nella struttura originaria l'ingresso alla chiesa si trovava sul lato a monte, mentre l’ingresso odierno, è stato ricavato sfondando il prezioso abside medievale della chiesa. Ulteriore elemento di interesse storico è l'aver accertato come la chiesa abbia conosciuto almeno tre distinte fasi edilizie, la prima con muri d'ambito perimetrali in opera a sacco e un sistema di copertura composto da travi, travetti e coppi. Un secondo sempre con una copertura a coppi di ceramica ma basato su tre archi interni a sesto acuto (di cui si conserva l’arco centrale e gli attacchi degli altri due archi immersi nella muratura), un terzo il più tardo ed attuale, composto da lastroni di pietra ricoperti con cocciopesto, sostenuti da sette arcate interne.
L'importanza del complesso della chiesa di S.Ippolito è accresciuta dall’ estesa superficie affrescata individuabile all'interno della chiesa e ormai solo parzialmente nella grotta sottostante. La lettura degli affreschi ha rivelato due figure di santi cavalieri non ben identificabili: (forse un S.Giorgio e un S.Martino) poste nelle nicchie laterali all’altare, che rimanda probabilmente al martirio di S.Ippolito dilaniato dai cavalli nel circo e allo stesso nome (Ippo) del santo. Nei fianchi supersisti dell’abside, come già nella vicina S.Maria Maddalena il motivo iconografico, è quello della processione di santi... a destra le figure maschili e sinistra quelle femminili, mentre nella chiesa sono stati inoltre individuati, una Santa Lucia con gli occhi in una ciotola, due figure di santi vestiti con sciarpe e tunica con ai piedi la facciata di un edifico a due ordini, una figura di una santa o una Madonna. A testimonianza della devozione della chiesa nei secoli, nelle pareti originarie della stessa si individuano fino a quattro strati di affresco sovrapposti.
Bibliografia essenziale sulla chiesetta di S.Ippolito:
Nel 2005 grazie alla disponibilità dell'allora Presidente Giulia Adamo, l'area e la chiesa di S.Ippolito venne acquisita al demanio della Provincia Regionale di Trapani. Attraverso l’intervento 28a del PIT 14, gestito dal dirigente G. Catania, vennero pure affidate all’Archeoclub, presieduto da Emilia Bella le prime attività di studio, manutenzione e salvaguardia della chiesetta, dal momento che la stessa, oggi come allora, correva seri pericoli di crollo e necessitasse quindi interventi di salvaguardia, era posta al centro della rete dei sentieri storici del versante orientale del Monte Erice; conservava ancora un ciclo affrescato esteso per la gran parte della sua superfice interna e necessitava di studi e di ricerche anche archeologiche per conoscerne sviluppo e datazioni. Coordinate dall'arch. Giovanni Vultaggio, Le attività di studio, manutenzione e scavo archeologico svolte nel 2005, videro il coinvolgimento di oltre 20 giovani studenti di archeologia navale, del liceo artistico di Trapani, di soci dell’archeoclub, collaboratori scientifici della Soprintendenza, oltre che di 6 volontari stranieri in EVS.